Uomo politico francese. Fu ministro delle Finanze nei
gabinetti di Waldeck-Rousseau (1899-1902) e di Clémenceau (1906-09).
Dapprima repubblicano moderato, passò poi alla sinistra e nel 1911
divenne il capo del Partito radicale. Primo ministro nel 1911, in contrasto col
suo ministro degli Esteri, diede una soluzione conciliante all'incidente di
Agadir, inimicandosi così gli elementi ultranazionalisti. Fuggì in
America con la moglie, quando quest'ultima uccise (1914) il giornalista
Calmette, direttore di "Le Figaro", promotore di una spietata campagna contro la
politica del marito. Tornato in patria, fu contrario alla prima guerra mondiale;
per questo motivo, per alcuni suoi viaggi all'estero (in realtà, venne
incaricato ufficialmente di diverse missioni) e per i contatti con taluni
elementi ritenuti agenti germanici, suscitò molti sospetti nell'opinione
pubblica. Clémenceau lo fece arrestare e processare dal Senato,
costituito in Alta Corte. Assolto dall'accusa di cospirazione col nemico, fu
condannato a tre anni di detenzione e alla perdita dei diritti politici con
l'imputazione minore di aver avuto contatti con agenti nemici. Tuttavia, la sua
grande competenza tecnica gli valse il ritorno (avendo beneficiato della legge
del 1925 sull'amnistia) al ministero delle Finanze nel 1925 e nel 1926. Alla
dichiarazione della seconda guerra mondiale, si ritirò a vita privata e
si dedicò alla redazione delle sue memorie (Le Mans 1863 - Mamers, Sarthe
1944).